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Sardigna Natzione Indipendentzia


Movimentu pro liberare sa Sardigna

dae su dominadore italianu



 


Mozione approvata dal Consiglio Regionale della Sardegna in seduta del 24 febbraio 1999 con 44 voti a favore, 2 contrari e 13 astenuti

 

CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA

UNDICESIMA LEGISLATURA

N. 173

MOZIONE BONESU - SANNA Giacomo - SERRENTI sulla sovranità del Popolo Sardo.

IL CONSIGLIO REGIONALE

RILEVATO che l'attuale assetto istituzionale non risolve i problemi del popolo sardo e dei singoli cittadini, né fornisce gli strumenti atti a risolverli;

RILEVATO altresì che l'esigenza, pur universalmente sentita, di un nuovo assetto istituzionale non trova alcuna soluzione e che appare, pertanto, necessario operare con sufficiente energia per spazzare l'immobilismo;

RITENUTO di dover perseguire soluzioni nel rispetto delle tradizioni di libertà del nostro popolo e della sua volontà di collaborare pacificamente, su un piano di pari dignità, con gli altri popoli;

CONSIDERATO che il Popolo Sardo ha goduto in passato della sovranità, per abbandono dell'occupazione da parte dei bizantini e vittoriosa difesa dell'Isola contro i mussulmani, affermando la medesima con la creazione delle quattro statualità dei giudicati;

RILEVATO che tale senso della sovranità e della statualità era profondamente radicato nei sardi e ciò portò al fallimento dei tentativi di infeudazione imperiale, attuati col conferimento del titolo regio a Barisone e ad Enzo, mentre l'infeudazione pontificia a favore del re di Aragona fu attuata compiutamente solo dopo quasi duecento anni dal conferimento, in quanto i sardi combatterono accanitamente contro l'imposizione di una dominazione esterna;

CONSIDERATO:

- che, in virtù della bolla di Bonifacio VIII del 5 aprile 1297 e di una serie di cessioni e scambi di popoli e territori fra i sovrani europei, conclusa con i trattati stipulati a Londra e Vienna nel 1718, la Sardegna è pervenuta alla dinastia dei Savoia, senza che il popolo sardo sia mai stato chiamato. a differenza delle popolazioni degli altri stati italiani che votarono in plebisciti l'adesione alla monarchia dei Savoia, ad esprimersi sull'assetto istituzionale;

- altresì che il mutamento istituzionale del 1946, pur rendendo sovrano il popolo in luogo dei monarca, non ha identificato, aldilà del popolo italiano, centri di potere sovrano e che la stessa concezione costituzionale di un Repubblica formata non solo dagli organi centrali, ma anche su un piano di pari dignità dalle Regioni e dalle comunità locali, ha trovato nella costituzione di fatto, creata da forze politiche, economiche e burocratiche centralistiche, insormontabili ostacoli;

RILEVATO che per la Regione Autonoma della Sardegna è avvenuto un progressivo svuotamento delle sue prerogative mediante l'imposizione di un sistema finanziario derivato e strettamente vincolato, con l'abuso degli strumenti finalizzati alla conservazione dell'unicità dell'ordinamento, e in particolare con l'anomala estensione della definizione di norma fondamentale di riforma economica e sociale e del concetto di principio dell'ordinamento, con una giurisprudenza costituzionale, derivata anche dalle modalità centralistiche di formazione dell'organo giudicante, restrittiva dei poteri regionali mentre la sistematica compressione delle autonomie locali ne ha impedito la libera esplicazione;

RITENUTO che tutto ciò impedisce il libero sviluppo economico, culturale e sociale del nostro Popolo ed è fonte di un confuso ribellismo contro quelle che son viste come spoliazioni del territorio e imposizioni di una autorità estranea e che tale fatto compromette la stessa vita democratica delle comunità locali;

CONSIDERATO CHE:

- le strutture centrali non rappresentano adeguatamente gli interessi del nostro Popolo in sede internazionale ed europea;

- appare necessaria la rivendicazione in capo al Popolo Sardo dell'originaria potestas suprema e che i trattati internazionali firmati dall'Italia riconoscono che nessun popolo può dominare un altro popolo;

RILEVATO che il Popolo Sardo conserva, nonostante i tentativi ripetuti di deculturazione, una propria precisa identità derivante da fattori storici, geografici, culturali e linguistici ed è quindi un soggetto politico ed istituzionale autonomo, come comprovato dall'articolo 28 del vigente Statuto regionale;

RIVENDICATO il diritto e dovere dei Consiglio regionale di rappresentare l'intero Popolo Sardo, al sensi dell'articolo 24 dello Statuto;

RITENUTO che è necessario, nella gravità del momento istituzionale e sociale, assumersi le proprie responsabilità di fronte alla passività ed inconcludenza del Parlamento Italiano, che si rifiuta di approvare l'assetto federale della Repubblica;

AF'FERMATA la volontà di operare per la costruzione della Repubblica federale italiana;

CONSIDERATO CHE:

- nell'assetto federale della Repubblica i poteri derivanti dalle prerogative sovrane sono in modo armonico attribuiti agli Stati federati e allo Stato federale al fine del perseguimento degli interessi comuni;

- la collaborazione fra i popoli necessita del rafforzamento dell'Unione Europea e dello sviluppo delle sue istituzioni democratiche;

AFFERMATO il diritto del Popolo Sardo di essere artefice del proprio futuro,

dichiara solennemente


la sovranità del Popolo Sardo sulla Sardegna, sulle isole adiacenti. sul suo mare territoriale e sulla relativa piattaforma continentale da esercitare nella futura Repubblica federale italiana.


*Proposta di legge

Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n.18, nell'elezione di rappresentanti italiani al Parlamento europeo

Art.1

Articolo 2 della legge 24 gennaio 01/1979 n°18, il secondo comma è sostituito dal seguente: "Le circoscrizioni elettorali coincidono con le Regioni e con le Province autonome di Bolzano e di Trento e il capoluogo è posto in quello di ciascuna Regione o Provincia autonoma.. La Tabella A, allegata alla legge 24 gennaio 1979, n.18, è soppressa.

Art.2

All’articolo 12 della legge citata, il comma secondo è sostituito dal seguente: "Le liste dei candidati devono essere sottoscritte da non meno di 5.000 e non più da 10.000 elettori".

Art.3

Dopo il primo capoverso dell’articolo 21 comma terzo della legge citata, viene aggiunta la seguente frase:"In quelle circoscrizioni in cui non venga raggiunta la cifra per l’elezione di un rappresentante europeo, l’ufficio elettorale nazionale assegnerà un seggio alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale

 

*Proposta di Legge di iniziativa popolare Presentata ai sensi dell'art.71 della Costituzione e degli art.48 e 49 della legge 25 maggio 1970, n.352

Gli accresciuti poteri conferiti sul piano normativo al Parlamento di Strasburgo dai Trattati di Maastricht (1992) e di Amsterdam (1997) si traducono, sul piano politico, in un ruolo di maggior rilievo riconosciuto all'organo parlamentare nel processo di costruzione dell'Unione Europea. Formato dai rappresentanti eletti a suffragio universale e diretto dai popoli degli Stati membri, il Parlamento concorre oggi con il Consiglio del ministri comunitario nell'assunzione delle decisioni politiche di maggior rilievo, nei diversi campi d'azione dell'Unione: dall'istruzione alla politica agricola, dalla politica economica e monetaria a quella di coesione, dai trasporti alla politica estera. La sua particolare attenzione verso i temi dello sviluppo armonioso dell'intera Comunità, che si è concretata in una lunga serie di importanti decisioni a questo riguardo, ha fatto del Parlamento l'interlocutore privilegiato delle Regioni europee, che solo di recente si sono viste riconoscere con l'istituzione del Comitato delle Regioni un ruolo -peraltro, ancora del tutto inadeguato- a livello comunitario. Senza un'incisiva azione del Parlamento europeo anche sul piano delle riforme istituzionali, il raggiungimento del fondamentale obiettivo di un'Europa delle Regioni (di un'Europa, cioè, costruita sul concorso, e sulla collaborazione tra istituzioni comunitarie, Stati ed Autonomie regionali e locali) verrebbe definitivamente compromesso, con la conseguente perdita di un prezioso capitale costituto dal ricco patrimonio culturale, sociale ed istituzionale delle diverse regioni della Comunità, su cui la nostra Europa è fondata. L'attuale composizione del Parlamento Europeo si rivela inadeguata a svolgere un simile delicato ruolo di difesa e di valorizzazione dell'insieme delle realtà regionali del continente europeo. Ciò è ostacolato, in particolare, dalla legge in vigore in Italia per l'elezione dei nostri rappresentanti al Parlamento europeo (legge 24 gennaio 1979, n.18), che accorpa in cinque circoscrizioni elettorali aree geografiche molto estese, all'interno delle quali sono incluse regioni ad alta o a bassa densità di popolazione, con una grande diversità di tradizioni storiche, culturali e linguistiche. Dal meccanismo elettorale previsto da questa legge deriva che alcune regioni o realtà locali vengono tenute ai margini del processo di costruzione dell'Europa unita con evidenti negativi riflessi sul pieno sviluppo del processo di integrazione. Con questa proposta di legge di iniziativa popolare -che riprende, nella sostanza, un consistente numero di proposte già inoltrate nel corso della presente Legislatura da parlamentari delle diverse forze politiche, ma ben lungi dall'essere approvate- si prevede una diversa delimitazione geografica delle attuali cinque circoscrizioni elettorali. Si sostituiscono infatti quelle contemplate dalla legge n.18 con circoscrizioni che coincidono con i confini delle Regioni, siano esse a statuto ordinario o speciale, salvaguardando peraltro la situazione specifica delle due Province Autonome che formano la Regione Trentino Aldo Adige. Il criterio proposto per la ripartizione dei seggi consentirà a tutte le Regioni italiane di avere almeno un rappresentante al Parlamento europeo: anche le circoscrizioni elettorali a bassa densità di popolazione, che non raggiungerebbero quindi il quoziente richiesto per l'elezione di un eurodeputato, avranno diritto ad un seggio all'Assemblea di Strasburgo.